martedì 9 aprile 2013

Marika Besobrasova: l'arte di insegnare il balletto - Parte 2



Nei soli cinque minuti di macchina che ci hanno portato alla scuola, non ho mai visto Marika perdere i suoi modi aristocratici. La sua guida poteva competere con un qualsiasi tassista parigino. Suonando il clacson e sterzando con la sua berlina di lusso per le strade strette di Monaco, commenta coloritamente la mancanza di capacità di guidare di tutti coloro che incrociava. All'arrivo alla sua accademia, Casa Mia, lascia le chiavi della macchina al custode italiano, si arrampica svelta sui gradini di pietra fino al vestibolo, e turbina nel suo ufficio, mettendo da parte la sua sciarpa di seta.


Nei pochi minuti prima dell’inizio della sua lezione della mattina, Marika parla della corrispondenza con la sua segretaria, prende le chiamate telefoniche internazionali, risponde alle domande sui costumi o la musica per le prossime esibizioni, o discute di problemi gestionali. Perennemente assediata da tutte gli eventi mondani che coinvolgono una grande accademia (a volte anche nel bel mezzo di una lezione), riesce in qualche modo a mantenere la calma e la professionalità.

Sorprendentemente, nonostante la sua fama e le sue origini aristocratiche russe, Marika non si da arie. Educata, efficiente, e spesso ironicamente divertente, è allo stesso tempo dignitosa e con i piedi per terra. Si muove velocemente ed è per sua natura un risolutrice di problemi. Si può immaginarla rimboccarsi le maniche senza esitazione, per preparare un pavimento o riparare dei costumi.

Il suo desiderio di essere pesantemente coinvolta in ogni aspetto della sua accademia, anche se questo significa, come al solito, giornate di lavoro di dieci ore, è senza dubbio uno dei motivi principali per cui la sua scuola ha resistito con successo per quasi mezzo secolo. L'intensità di questo impegno si riflette nella descrizione di Marika del suo rapporto con i suoi studenti.



“Io non sono un’insegnante” dice con enfasi nel suo delizioso accento inglese, “Io sono una maestra, qualcosa molto di più di una insegnante.” 
La sua affermazione non è fatta in modo egoistico. Come lei stessa spiega, “ se io fossi solo un’insegnante, farei in modo che arrivassero alle lezioni in orario, che non perdessero la lezione successiva e che sapessero il programma. Correggerei i loro errori fisici e perfino quelli musicali, ma non guarderei la loro vita. Come maestra, ho il diritto di esaminare il modo in cui lo studente vive, se, per esempio, non si sta riposando al momento giusto, o non si concentra nel modo adeguato per affrontare la sua giornata o il prossimo impegno. Come maestra, ho il diritto di dire qualsiasi ai miei allievi. Io vado oltre il semplice insegnamento, guardo nelle loro anime, non solo in superficie. "

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